Buropatia: riuscirà mai la PA a soddisfare i cittadini?

Una delle sfide più pressanti che l’emergenza coronavirus lascia in eredità è la semplificazione di norme e processi delle pubbliche amministrazioni. Una sfida con evidenti riflessi sulla tenuta delle istituzioni democratiche perché la ricostruzione con le connesse speranze e pretese passerà inevitabilmente dalla capacità dello Stato di fornire risposte immediate.

Digitalizzazione e innovazione tecnologica potranno sicuramente contribuire e dare un nuovo impulso, qualche riforma potrà aiutare, ma nonostante tutto la burocrazia rimarrà sempre bersaglio, alibi, ostacolo e pretesto, non senza appigli benaltristi.

Se come diceva Oscar Wilde “Esperienza è il nome che ciascuno dà ai propri errori”, “burocrazia” sarà comunque il nome che ciascuno darà ai propri fallimenti di fronte a (presunti) obblighi non adempiuti, a qualcosa di dovuto che non è stato rispettato, a un diritto calpestato.

Questo accade innanzitutto perché calano le radici di consenso sociale attorno allo Stato, alle istituzioni e alla società. Secondo un sondaggio Ixé, dal 2013 al 2018 è passata dal 28 al 54% la quota di persone che ritengono di aver dato di più di quanto hanno ricevuto dal proprio Paese. L’Italia-società o l’Italia-Stato è dunque perennemente in debito con gli italiani, un debito non più solo di natura economica, ma anche sociale.

A questo debito pubbliche amministrazioni e regole non sanno dare risposta e anzi le aspettative -costanti o crescenti- alzano il livello della domanda. Nelle pieghe di questo mancato incrocio si alimenta la buropatia, un malessere verso la burocrazia, qui intesa come risorsa essenziale nel gioco democratico per realizzare l’agire politico.

Per brevità non ci concentreremo in quest’articolo sull’offerta. Basterebbe leggere il libro “Io sono il potere. Confessioni di un capo di gabinetto” (Feltrinelli, autore anonimo) per una chiave di analisi leggera e al tempo stesso sconfortante del potere, del suo narcisismo, del suo uso negli apparati dello Stato, di come nascono le leggi e di come vengono governate le burocrazie ministeriali.

Più interessanti sono le ragioni più profonde che animano l’utente, il fruitore finale di una pratica inevasa o di un servizio da erogare. Ne hanno parlato, in una cornice molto più ampia, due libri come “La democrazia del narcisismo” di Giovanni Orsina (Marsilio) e “Demopatia” di Luigi De Gregorio (Rubbettino), entrambi accomunati dalla voglia di spiegare crisi della democrazia e populismo.

La postmodernità – il tempo che paradossalmente è fondato su un settore terziario sempre più avanzato – è caratterizzata dal prevalere dell’emozione sull’opinione, dall’individuazione di eroi e capri espiatori, dalla tirannia dell’istante e dal tutto subito, dal rapido oblio di un risultato ottenuto, dalla penalizzazione di pazienza e perseveranza.

Si tratta di trend psicologici che fanno a pugni con l’incapacità della spesa pubblica di accontentare tutti date le risorse limitate.

Inoltre, come scrive Orsina, “il processo prepotente di allargamento dei diritti, se da un lato asseconda e soddisfa la spinta all’emancipazione individuale […], dall’altro irrobustisce ambiti specialistici –giudiziari, amministrativi, tecnocratici- che conservano un alto grado di autonomia dalle istituzioni elettive preposte all’opera di emancipazione collettiva.”

Quest’autonomia si traduce in perdita di neutralità se la politica non riesce a prendere decisioni impopolari o soprattutto assumersi responsabilità. La burocrazia così diventa punchball anche per la politica, pur essendone un suo braccio, e sotto il peso di queste spinte sarà sempre più infiacchita, screditata e delegittimata.

Per quanti sforzi si potranno fare, la burocrazia, insomma, al pari della politica, si troverà in posizione sempre più debole, destinata a gestire più l’insoddisfazione che il consenso.

Se nemmeno un’emergenza sanitaria ed economica di portata poderosa come quella causata dal coronavirus riuscirà con uno shock a invertire la tendenza (non solo per decisori e legislatori, ma anche e soprattutto per i cittadini), vorrà dire che non ci sono cure per la buropatia e la demopatia. Dovremo saperci convivere, come stiamo facendo con guanti e mascherina con il coronavirus. 

Dottore di ricerca in Scienza politica - Luiss Guido Carli