Il futuro dell’imprenditoria tra rischi e nuove soluzioni

Conviene oggi fare impresa in Italia? La domanda, che può apparire provocatoria e forse anche un po’ scontata, è invece fondamentale per comprendere le attuali logiche di mercato e le dinamiche interne che stanno alla base dell’incrocio tra domanda ed offerta di beni di consumo. In altri termini, si tratta di capire le ragioni che spingono decine e decine di imprenditori italiani a spostarsi all’esterno e a delocalizzare la produzione, pratica questa assai dannosa per il nostro made in Italy.

Una recente ricerca realizzata ad inizio anno dal portale ProntoPro.it sostiene che il 57% dei professionisti ritiene la macchina burocratica soffocante e il 79,77% di questi percepisce la tassazione come un ostacolo insormontabile. Già, tasse e burocrazia: due macigni che chiunque voglia fare impresa deve necessariamente affrontare. I dati appena citati sono sconfortanti eppure fotografano una situazione estremamente reale e veritiera da cui non si può prescindere. Oggi quindi l’imprenditore è colui che sicuramente sa assumersi il rischio di impresa e può affrontare in questo modo contesti non previsti nel momento in cui ha dato avvio alla propria attività. Basti pensare alla massiccia concorrenza delle aziende presenti sul mercato elettronico o, come si diceva poc’anzi, a coloro che applicano pratiche di delocalizzazione all’estero. Insomma, l’imprenditore è colui che resiste attivamente in una società altamente competitiva e a tratti spietata, soprattutto se in ballo c’è la possibilità di creare reddito e dunque lavoro. La capacità di generare reddito – quest’ultimo è diverso dal profitto in sé – rimanda a qualcosa di virtuoso e spesso il datore di lavoro si sostituisce alle istituzioni, nei contesti in cui queste ultime non arrivano a garantire assistenza ai singoli.

All’interno di questo quadro un contributo interessante lo propone Azienda Italia, con il Piano Strategico “Italia 2050”, un progetto che mira ad offrire soluzioni alla stagnazione economica post-Covid. Tra le proposte, un credito d’imposta al  15% del fatturato derivante dall’export certificato; l’abbassamento dell’imposta sul reddito da lavoro (IRPEF) per i redditi fino a 28.000 Euro al 22% in tre anni. Dal quarto anno un ulteriore abbassamento al 19% per i redditi fino 20.000 Euro. Contemporaneamente, viene avanzata l’idea di una cancellazione progressiva (in cinque anni) dell’IRAP ed abbattimento del costo contributivo a carico delle imprese di tre punti percentuali (in un periodo di cinque anni). Il Piano Strategico “Italia 2050” propone la riduzione del costo fiscale e previdenziale a carico delle imprese (fino 750 Euro/mese) per le assunzioni di giovani fino a 35 anni (primo impiego o primo contratto a tempo indeterminato) e over 55 (disoccupati in NASpI, lavoratori in CIGS) per un periodo di 5 anni dalla data di assunzione. Pensati anche interventi che favoriscano la nascita di “e-shop” e consegna diretta a domicilio cioè senza l’utilizzo delle piattaforme che si avvalgono dei cosiddetti “riders” e la liberalizzazione delle fasce orarie per il commercio, artigianato e PMI.  Detrazione fiscale fino al 95% in 5 anni per gli investimenti esteri e nazionali in startup che prevedano nello stesso periodo il reinvestimento degli utili o la distribuzione degli utili a soggetti domiciliati fiscalmente in Italia e un regime fiscale agevolato per i distretti industriali.

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