Paul Schrader: un dialogo con Dio

Between the idea
And the reality
Between the motion
And the act
Falls the Shadow

(T. S. Eliot – The Hollow Men)

Uno dei film più importanti di questi anni è quasi passato inosservato ai più e lo ha diretto forse il più influente degli autori silenziosi del cinema americano, quel Paul Schrader sceneggiatore di Taxi Driver (Martin Scorsese, 1976) , Toro Scatenato (Martin Scorsese, 1980), L’ultima tentazione di Cristo (Martin Scorsese, 1987), Mosquito Coast (Peter Weir, 1986) e regista di Hardcore (1979), American Gigolò (1980), Mishima (1985), Affliction (1997), Auto Focus (2002), The Walker (2007).

Un nome che da solo fa tremare la terra. Si è detto prima “uno dei silenziosi” perché Schrader non ha mai avuto bisogno di far gridare il suo cinema per prenderci a schiaffi. È un risveglio ogni film di Schrader, anzi un doppio risveglio. Il primo riguarda banalmente quello che spesso da spettatori dimentichiamo, ossia il richiamo a una storia che ci dica qualcosa sugli uomini e le donne che siamo, il secondo invece è più sottile e quello per cui il regista originario di Grand Rapids (come diceva Francesco Guccini in un live di Folk Beat n.1, gli americani ci fregano sempre con la lingua) riesce a rimanere ancora attuale e probabilmente lo rimarrà anche tra molto tempo. È il ritorno alla veglia da uno stato di torpore, una spinta verso l’elemento trascendentale; la considerazione sul perché siamo senza attingere all’esperienza della nostra dimensione terrena e sensoriale.

Ogni personaggio schraderiano avanza all’interno di una ricerca metafisica, per purificarsi dal senso di colpa o dal peccato originale attraverso il sacrificio. Il film in questione, che lo stesso Schrader considera uno dei suoi più belli, è First Reformed, opera bressoniana e bergmaniana girata nel 2017 con Ethan Hawke e Amanda Seyfried. Ernst Toller (chissà quanto c’è dell’omonimo drammaturgo tedesco) è un ex cappellano militare, ora pastore di una chiesa riformata di 250 anni. Da anni in crisi per la partecipazione dei fedeli, la chiesa è trasformata in attrazione turistica lasciando il suo cappellano nel ruolo di un custode. Toller, già provato da un problema di alcolismo dovuto al senso di colpa per avere fatto arruolare il figlio poi ucciso in Iraq, cerca conforto negli scrittori cattolici e nella stesura di un diario. Sa che il suo ruolo di guida nella sua epoca è sminuito da una società materialista che svuota le persone della propria sensibilità e di una propensione etica. Il pastore incontra Mary, una ragazza in attesa di un figlio che chiede aiuto per il marito Michael, eco-radicale convinto che la moglie debba abortire per non far nascere il figlio in un mondo che sarà reso inabitabile dai cambiamenti climatici. L’incontro con Michael insinua nel reverendo una crisi esistenziale che porta l’uomo di fede verso l’abisso; la scoperta che la mega chiesa-azienda Abundant Life a cui appartiene la sua piccola sede è finanziata da persone che consapevolmente hanno avvelenato i terreni e la certezza che un tumore lo sta divorando da dentro, convincono Toller della necessità di un estremo sacrificio per purificare il mondo dalle sue sozzure. Dice Schrader che erano cinquanta anni che voleva fare un film così, folgorato in gioventù da Diario di un ladro (1959) di Bresson e da La passione di Giovanna D’Arco (1928) di Dreyer, ed è finalmente riuscito a trovare il tempo adatto per tornare a una discussione sulla perdita delle fede e della spiritualità dell’hollow man di oggi, l’uomo cavo contemporaneo, se ci si fa passare una citazione da Stearns Eliot. Gli uomini vuoti vivono in un deserto, una terra arida come loro sia psicologicamente che religiosamente.

Qui hanno costruito immagini di pietra che in realtà sono solo false divinità. First Reformed, girato in un rapporto 4:3 per focalizzare l’attenzione sulle figure umane e sulle loro umane reazioni, si apre con una bellissima e lunghissima carrellata verso la croce di Cristo di una chiesa, già a prefigurare il lento ed estenuante sforzo che è la fede. Per parlare del lavoro di Schrader, si ritorna all’Eliot de “La terra desolata” perché il mondo di oggi è un territorio devastato, lo stesso terreno arido e mortale dei poemi epici medievali che i cavalieri dovevano attraversare per arrivare al Graal. La sterile civiltà occidentale è giunta dunque al termine del suo percorso. È quello che crede l’eco-radicale Michael con la sua teoria per cui il futuro non possa esistere più, le condizioni che abbiamo creato oggi lo hanno già annientato; è un dato di fatto così evidente che far nascere un bambino diventa un atto di crudeltà. Toller si interroga sul senso del ruolo della Chiesa e dei pastori (appunto, le guide del gregge) nella società che rifiuta le virtù e gli insegnamenti e sceglie gli idoli di pietra. Il concetto di trascendenza e sacrificio lo si ritrova anche in molti altri film di Schrader, da Taxi Driver ad Affliction, ma la lettura del mondo in First Reformed si avvicina realmente ai nostri tempi. Gli uomini che non sanno scegliere si trovano bloccati in una situazione di inerzia che è la loro stessa distruzione, sono privi di volontà, incapaci di affrontare il salto della fede di Kierkegaard, a cui quasi sicuramente attinge il finale del film. La vita è una scelta tra molteplici possibilità, nessuna delle quali porta automaticamente a qualcosa di garantito, in modo che rimanga nell’uomo l’angoscia dell’idea del fallimento.

L’oppressione esistenziale che vive il reverendo (un Cristo in cui si incarna la moderna umanità) è un sentimento che viene dalla consapevolezza delle infinite possibilità e quindi del fallimento. Lo stesso sentimento però diventa positivo quando incontra l’atto di devozione. È attraverso un cammino irto e doloroso che l’uomo traviato prende coscienza della sua esistenza come individuo e arriva a un dialogo possibile con Dio, quindi all’infinito. Alla fine Toller compie il salto, decide, sceglie. Capisce che non esiste una sola via per affrontare la massa delle paure e diventa uomo kierkegaardiano. First Reformed ci lascia alla fine della visione un senso di qui e ora, di imminenza, di un dialogo da cogliere col nostro pensiero cristiano e teologico nell’Occidente accecato dagli idoli di pietra.

Una riflessione sul nostro essere singoli dalle infinite scelte, sulla necessità ancora oggi di un dialogo col divino per giungere alla percezione dell’universale, dalla catabasi all’anabasi, dalla discesa all’ascesa.

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