Alla fine a fare chiarezza è intervenuto con un post su Facebook il viceministro degli Esteri ucraino Anton Gerashchenko il quale ha confermato che Rodnenkov e Kravtsov, altri due contestatori anti-Lukashenko, si trovano in Ucraina precisando che “non è stato un viaggio volontario ma un allontanamento forzato dal loro Paese natale“.
Maria Kolesnikova, invece, “non poteva essere portata fuori dalla Bielorussia perché questa donna ha preso misure per impedirle di attraversare il confine“. Infatti, a quanto risulta alla comunità internazionale, quando le forze bielorusse hanno tentato di espellerla, Kolesnikova avrebbe strappato il passaporto e le guardie frontaliere non le hanno permesso di entrare in territorio ucraino. Allo stato attuale l’opposizione bielorussa sta cercando di mettersi in contatto con la donna ma senza successo. Infatti la Kolesnikova, membro del consiglio di coordinamento delle opposizioni del Paese, è stata rapita ieri in pieno centro a Minsk da uomini incappucciati.
Ma non è l’unica: il leader dello sciopero nella fabbrica dei trattori Serghej Dylevskij è in carcere, Olga Kovalkova risulta essere in prigione in Polonia; l’ex ministro Pavel Latushko è in isolamento sempre in Polonia mentre Svetlana Tikhanovskaja è fuggita in Lituania. Una situazione sempre più complessa che rischia di coinvolgere molti Paesi dell’area dell’Europa orientale come Ucraina, Russia, e Polonia. Mentre il primo sembra voler far chiarezza sulla sua posizione, il secondo sta aiutando il Presidente Aleksandr Lukashenko a mantenere il potere cercando di evitare crisi socio-politiche nell’area.
Infine, da decifrare la posizione della Polonia: sembrerebbe aver teso timidamente la mano al Presidente in carica ma senza esporsi politicamente poiché il governo Varsavia è da tempo sotto osservazione per via delle sue ultime scelte politiche in materia sicurezza e di diritti umani.