Dopo mesi di trattative Donald Trump è riuscito a mettere d’accordo una buona parte del Medio Oriente formalizzando alla Casa Bianca gli “Accordi di Abramo”, ossia le intese per la normalizzazione dei rapporti tra Israele da un lato e gli Emirati Arabi e il Bahrein dall’altro, in cambio della sospensione dell’annessione della Cisgiordania da sempre rivendicata da Benyamin Netanyahu. Si tratta di un accordo importante anche sotto un profilo storico: infatti Emirati e Bahrein non sono mai stati in guerra aperta con Israele e gli accordi appena siglati non possono essere paragonati ai trattati di pace come quelli siglati con l’Egitto nel 1979 o con la Giordania nel 1994. In ogni caso si tratta di un’intesa che cambia gli equilibri mediorientali, segnando l’accettazione di Israele nel mondo arabo e un’alleanza comune contro l’Iran, il vero nemico degli Stati Uniti.
Per Trump è un successo sotto diversi punti di vista: quello diplomatico, infatti dopo anni di tensioni gli “Accordi di Abramo” cambieranno le relazioni diplomatiche tra i soggetti firmatari i quali tuteleranno i loro interessi, sia strategici che economici, attraverso la cooperazione istituzionale; quello elettorale, il tycoon in piena campagna elettorale si presenta allo sprint finale con un bel successo da rivendicare e che potrebbe aiutarlo nella sua rimonta nei confronti di Joe Biden; politico, gli “Accordi di Abramo” lo rafforzano sotto il profilo dell’immagine internazionale. Da troppi considerato impulsivo, Donald Trump ( e il suo apparato diplomatico) ha ottenuto un obiettivo che in pochi si aspettavano e che rafforza la sua candidatura al premio nobel per la pace.
Non solo. Gli accordi hanno messo in un angolo i palestinesi che dovranno scegliere: o cambiare strategia scegliendo un compromesso con Israele oppure continuare con la solita politica muscolare. Trump inoltre, con questo accordo ha ottenuto altri due risultati: il primo derubricare il conflitto israeliano-palestinese ad una questione quasi regionale, il secondo ad isolare ancor di più l’Iran, uno Stato che contribuisce giornalmente all’instabilità regionale finanziando gli Hezbollah e interferendo costantemente con la politica libanese.