Fino a qualche settimana fa la partita per le elezioni presidenziali Usa sembrava chiusa in favore di Joe Biden e la popolarità del Presidente Donald Trump era in netto calo soprattutto in conseguenza della gestione zoppicante della pandemia.
A meno di due mesi dalle elezioni, però, per la prima volta il Presidente uscente sorpassa l’avversario in un sondaggio nazionale. Rasmussen quota il sorpasso a 1 punto percentuale, 47% a 46%, e non è un dato irrilevante soprattutto in considerazione della forbice di alcune settimane fa che dava il l’ex vice di Barack Obama in vantaggio di 10 punti.
Forte del suo rinnovato vantaggio, Trump mette in campo l’artiglieria pesante della sua campagna elettorale, che si gioca in buona parte su tre linee direttrici: recuperare consenso sul tema Covid-19 continuando ad annunciare progressi sulla ricerca di un vaccino, restituire agli Stati Uniti l’immagine di grande paese guida degli equilibri internazionali e rafforzare l’idea che la sua amministrazione sia l’unica in grado di mantenere l’ordine sociale in un momento di grande tensione.
Si innesta pienamente in questa logica, ad esempio, il successo degli Accordi di Abramo tra Israele, Emirati Arabi e Bahrein promosso e sigillato proprio da Donald Trump, che rivoluziona gli equilibri in Medio Oriente e rilancia in modo quasi inatteso il protagonismo estero degli Usa.
I due mesi che ci separano dalla elezioni, però, non saranno leggibili e gestibili come le altre volte: la campagna elettorale risentirà in maniera determinante della recrudescenza della pandemia, che non è affatto alle spalle dei governanti, come dimostrano i più recenti dati e le prime iniziative – per adesso a macchia di leopardo – che impongono nuove chiusure su larga scala.
In questo contesto sarà determinante la risposta dell’amministrazione americana uscente che potrà spingere definitivamente Trump verso una riconferma o, al contrario, creare i presupposti per una vittoria democratica. La partita, in ogni caso, resta apertissima.