Chi è Federica Vinci? Giovanissima leader con il sogno di un’Europa forte. Conosciamola con questa intervista

Federica Vinci è Presidente di Volt Italia, partito politico progressista e paneuropeo. Laureata in amministrazione pubblica internazionale presso Sciences Po e Community Management presso Harvard, nel 2018 è  stata, tra le altre cose, tra i “Future Makers” di Boston Consulting Group e nel 2019 tra gli Young Leader Fellows dello European University Institute. Giovanissima, Federica Vinci è appassionata di politica, segue la comunicazione e le community di alcune startup, e crede nel ruolo delle donne in una società moderna. Andiamo a conoscerla! 

Federica ci spieghi il progetto politico di Volt? Perché é nato e quali sono gli obiettivi?

Volt è il primo partito politico progressista e paneuropeo, nato all’indomani della Brexit da un gruppo di giovani europei con l’intenzione di unire e rafforzare l’Unione Europea tramite la politica e l’attivismo di migliaia di cittadini in tutta Europa. Crediamo in valori quali libertà, uguaglianza, equità intergenerazionale, di genere e territoriale, solidarietà tra e nei popoli e uso sostenibile delle risorse naturali. Crediamo inoltre che un partito politico debba lottare e realizzare il cambiamento che immagina combinando politica elettorale e attivismo sociale per realizzare una società più giusta e sostenibile. Per questo, la nostra politica parte dal basso, con il coinvolgimento attivo della popolazione sia nell’ascolto dei suoi problemi sia nell’elaborazione di soluzioni basate sui nostri valori, sui dati scientifici e sulle best practices europee, e cioè i migliori esempi che l’Europa può insegnarci.

Vi candiderete alle prossime elezioni politiche?

Faremo di tutto per riuscirci, anche se le leggi italiane per l’accesso alle elezioni di nuovi partiti sono talmente stringenti da essere quasi antidemocratiche. Solo per le elezioni europee, il limite per poter correre era raccogliere 150.000 firme in tutta Italia: un’impresa titanica per un partito nuovo e autofinanziato come il nostro.

Elezioni a Roma: avrete un candidato oppure farete una scelta diversa?

Stiamo valutando tutte le possibili opzioni.

Come giudichi il percorso di Volt Italia fino adesso?

Volt è un partito nato in Italia il 14 luglio del 2018. Eravamo circa 100 attivisti quel giorno, pronti a dare una svolta al modo di fare politica lanciandoci alle Elezioni Europee che sarebbero state l’anno dopo. Oggi abbiamo un membro del parlamento Europeo eletto in Germania, ma che rappresenta tutti noi Volte. Siamo quasi in tutte le province d’Italia, abbiamo partecipato a molte elezioni regionali tra cui Puglia, Toscana, Veneto ed Emilia-Romagna. In molti comuni abbiamo eletto consiglieri di Volt, mentre il vicesindaco di Matera è lui stesso un Volter. Per essere un “gruppo di Millennials” che voleva giocare a fare politica, direi niente male!

Un risultato che ti soddisfa in particolare?

Se devo essere sincera, forse il risultato che mi da personalmente più soddisfazione è vedere quanto stiamo facendo ancor prima di entrare nelle istituzioni. Con Volt Europa abbiamo creato “Europe Cares”, un’iniziativa che grazie al supporto di migliaia di volontari e volontarie da tutta Europa ha inviato 50.000 maschere e visiere fatte in casa a Lesbo, per i rifugiati nei campi in Grecia e che oggi continua a raccogliere ed inviare cibo, prodotti per l’igiene e abbigliamento. Volt Italia invece ha dato vita a RoadTo50%, un’iniziativa nata per combattere le differenze di genere e far partecipare più donne in politica. Direi che mi piace misurare così la nostra attività: quante cose sono cambiate grazie alla nostra azione, piuttosto che quanti seggi abbiamo in parlamento.

Cosa pensi degli ultimi dpcm del Governo?

Credo che questi DPCM ad oggi siano indispensabili per frenare la corsa di un Virus che sembra essere sempre un passo più avanti rispetto alla nostra politica.

Tuttavia, non posso evitare di essere amareggiata e non dalle singole misure del DPCM che pure possono essere criticate – abbiamo chiuso i teatri e lasciato aperte le chiese? Ci siamo ricordati solo solo ora della didattica a distanza, mentre la obblighiamo indipendentemente dalle specificità del territorio?

Inoltre ancora una volta, nel bel mezzo di una pandemia globale, in cui davvero si gioca con la vita delle persone, a vincere è stata un’estate di polemiche e non di azione. Inoltre abbiamo registrato la mancanza di una strategia politica “di lungo termine”, di coordinamento e di organizzazione tra politica locale, regionale e nazionale.

Pensi che i diversi livelli di governo non abbiano collaborato?

L’’unico dialogo mai avvenuto è stato quello di un gioco a puntarsi il dito gli uni contro gli altri, anziché ragionare collettivamente sul da farsi.

Si sarebbe potuto fare tanto: da linee guida per i comuni, alla gestione di scuole e trasporti; dall’assunzione in massa di medici e infermieri, ad una comunicazione basata su scienza e numeri precisi di contagi.

Sapevamo cosa sarebbe arrivato, avevamo il tempo per prepararci eppure abbiamo  preferito voltarci dall’altra parte in un’estate un po’ troppo rilassata per tutti.

In attesa del vaccino, quali sono le proposte di Volt per fermare o contrastare la pandemia?

A marzo il virus ci ha colto alla sprovvista; abbiamo fatto sacrifici, che abbiamo sprecato nel corso dell’estate (quando il “vantaggio” rispetto al virus poteva essere consolidato). Oggi la politica è responsabile dei ritardi e delle scelte non prese.

Chiediamo risposte sia al Governo centrale sia alle amministrazioni locali: è necessario investire senza paura su un maggior numero di tamponi e su risorse e personale, per evitare l’esplosione del virus che avrebbe conseguenze drammatiche dal punto di vista della sanità nazionale e dell’economia. Chiediamo inoltre una strategia di comunicazione chiara, che ci permetta di capire e interpretare le decisioni prese dal governo sulla base di dati chiari e facilmente accessibili ai cittadini.

Ritieni che l’Europa si sia mossa meglio rispetto alla crisi del 2008?

Si, credo che dopo una serie di alti e bassi e scivoloni al limite del perdonabile, l’Europa si sia mossa decisamente.  Nonostante gli alti e bassi per arrivare alla sua istituzione, il Recovery fund è, secondo me, un passo importantissimo nella storia dell’Unione: dobbiamo solo sperare che i traguardi fino ad ora raggiunti vengano riconfermati con lo stanziamento dei fondi.

Ritieni che le istituzioni europee vadano riformate per semplificare i processi decisionali?

Assolutamente si. Una delle nostre battaglie principali all’interno del nostro programma per le elezioni europee era quella di garantire all’UE la capacità di intervenire in modo efficace decidendo a maggioranza su tutte le questioni in seno ai Consigli. Attualmente, gli Stati decidono ancora su molte questioni all’unanimità o per consenso, rendendo molto più facile porre veti che non trovare soluzioni. Questo meccanismo va ribaltato: solo decidendo a maggioranza e non unanimità l’UE sarà in grado di decidere in maniera più rapida e incisiva per i propri cittadini.

Come ci si sente a far parte del programma Obama Foundation Leaders Europe organizzato dalla Obama Foundation?

E’ un onore immenso: in periodi così bui non posso essere che grata di far parte di un gruppo così incredibile come quello degli Obama Leader.

Il programma in cosa consiste?

Siamo tra i 30 giovani leader più promettenti d’Europa in ogni settore: politica, società civile e business. Tutti siamo mossi da una forte dedizione verso la “Cosa Pubblica” e il benessere di tutti e tutte, con particolare attenzione alle minoranze. Ciò che ci unisce è la volontà e capacità di portare nei nostri settori cambiamenti radicali positivi e, tramite la fondazione Obama, siamo in grado di connettere, raccontarci il nostro lavoro, imparare gli uni dagli altri e trarre profonda ispirazione per continuare a lavorare in contesti spesso molto difficile.

Puoi darci qualche informazione in più sui prossimi lavori?

Il programma consiste in incontri bisettimanali su tematiche specifiche con membri della fondazione Obama, da Samantha Power, a Ben Rodhes a Federica Mogherini, su tematiche ogni volta diverse – abbiamo parlato di inclusione sociale, giustizia razziale, movimenti politici e di attivismo civico. Oltre a ciò abbiamo accesso a tutte le risorse della fondazione, inclusi incontri privati con i suoi membri e con gli altri leader. Penso sia un’iniziativa fantastica, spero che qualcuno in Italia possa avere le forze di creare qualcosa di simile.

Perché le donne faticano ad emergere in Italia? Quali le riforme necessarie per abbattere il gender gap?

Una cosa che mi ha colpita molto del programma della fondazione Obama è che l’80% delle persone scelte sono donne, il che mi fa credere che non mancano donne alla direzione di iniziative che stanno cambiando il mondo, ma, tra le varie cose, che non viene data loro la visibilità che invece viene data alla loro controparte maschile. Dobbiamo dare alle donne non solo più spazio per emergere, puntare su di loro più riflettori, ma soprattutto servono loro più risorse per potersi liberare da decenni di lavaggio del cervello per cui ci sono lavori/posizioni/comportamenti da donna e altri da uomini. E’ un lavoro lungo e pervasivo di ogni aspetto sociale: noi di Volt abbiamo iniziato con RoadTo50%, la nostra iniziativa nata per aumentare la partecipazione delle donne in politica e frantumare le differenze di genere nel settore.

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