Transizione energetica: andare avanti per il bene del pianeta

La scelta dello sfruttamento di energia non rinnovabile ha preso potere e controllo per centinaia di anni – si vedano le energie fossili come carbone, petrolio e gas naturali – ed ha portato a irreparabili conseguenze verso l’impatto ambientale e il nostro pianeta. Ad oggi, questa mentalità sullo sfruttamento di energie non rinnovabili sta cambiando, e prende il nome di transizione energetica. Con tale termine si intende il passaggio verso economie sostenibili, attraverso l’uso di energie rinnovabili, e l’utilizzo di tecniche di risparmio energetico e di sviluppo sostenibile. La prova che questo cambiamento sta avvenendo è data dalle Direttive dell’Unione Europea che mirano a rendere più sostenibile e “Green” il nostro pianeta. In particolare, secondo il rapporto previsionale di Bloomberg New Energy Finance sulla transizione energica, si ipotizza che l’energia eolica e fotovoltaica andrà a ricomprendere circa il 50% delle fonti di energia mondiale nel 2050. Queste previsioni si basano sulla costante crescita delle installazioni di energia rinnovabile agevolate da una riduzione dei costi. Attualmente, l’Unione Europea sta incentivando attivamente la transizione energetica attraverso il continuo aggiornamento di norme per agevolare gli investimenti pubblici e privati verso l’energia pulita. Importante è la Direttiva 2018/2002 che modifica la Direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica, figlia delle scelte normative all’interno del pacchetto di misure di “Energia pulita per tutti gli Europei” da parte della Commissione europea nel 2018. Tale Direttiva è stata attuata di recente in Italia con il D.lgs. n.73/2020. Il Decreto mira al raggiungimento degli obiettivi di risparmio energetico e a tal fine il MISE illustrerà il calcolo del volume dei risparmi energetici da realizzare. Il fine è quello di evitare le sovrapposizioni e frammentazioni tra gli strumenti di promozione dell’efficienza e di semplificare la possibilità di accedere al processo da parte della Pubblica Amministrazione e dei privati, ed anche quello di ampliare gli interventi ammissibili. Tuttavia, questo processo verso un’energia pulita presenta degli ostacoli e delle criticità, la cui principale è identificabile nel costo degli impianti rinnovabili, resi economicamente sostenibili soltanto grazie alla presenza di incentivi regolati dal GSE. Sicché, per accelerare la transizione tra energie non rinnovabili a rinnovabili è necessario, se non essenziale, far convergere i quattro fattori principali ai giorni d’oggi, che sono la scienza, l’etica, la politica e l’economia. Partendo dal fattore economico, secondo l’International Institute for Sustanable Development per finanziare la transizione energetica è sufficiente impiegare una piccola parte degli attuali sussidi ai combustibili fossili, solo il 10% per l’esattezza. I dati sulle operazioni a finanziamento della transizione energetica sono positivi, e questo anche per la crescita del crowfunding che ha come fine quello di orientare gli investitori verso questo nuovo modo di concepire l’energia.  I Paesi con i maggiori sviluppi verso l’utilizzo di queste piattaforme per raccogliere finanziamenti sono la Gran Bretagna, Francia, Olanda e Germania. Più del 90% di queste piattaforme sono di tipo finanziario, rappresentate da attività di raccolta di capitali e finalizzate all’investimento. Le piattaforme finanziarie più diffuse sono i Progetti di lending, dove gli investitori finanziano il progetto in cambio di una remunerazione futura che può talvolta basarsi su una futura vendita di energia rinnovabile prodotta dal progetto stesso. I Progetti di lending si differenziano in base alla tipologia di strumento di debito offerto (short and long term debt, fund). Un altro tipo di piattaforma finanziaria è il Progetto di equity o community shares, dove gli investitori acquisiscono quote di aziende o cooperative attive nella produzione di energia pulita, beneficiando quindi degli utili emessi dalle performance economica dell’investimento energetico ad oggetto. Le principali operazioni finanziarie ecosostenibili sono i green bond, c.d. obbligazioni verdi, che hanno avuto una crescita esponenziale dal 2007. Inizialmente le nuove obbligazioni erano emesse principalmente da istituti finanziari sovranazionali, come la Banca mondiale o la Banca Europea per gli investimenti, poi successivamente, riscontrando la facile vendibilità di tali strumenti finanziari anche le singole aziende, municipalità e agenzie statali hanno cominciato ad emetterle. Invece, dal punto di vista politico, secondo il Just E-volution 2030 che discute sui possibili impatti socio-economici della transazione energetica in Europa, si vanno ad individuare quattro proposte e misure di policy per favorire tale procedimento e far in modo che sia “just for all”. In conclusione, riprendendo i quattro ambiti di policy: il primo è quello di sostenere la diffusione delle tecnologie elettriche mediante la promozione di una efficace conversione delle catene del lavoro verso le tecnologie elettriche lungo l’intera catena del valore; il secondo punto è quello di gestire la perdita dei posti di lavoro, aumentare le opportunità di impiego e affrontare il tema della riqualificazione e del perfezionamento professionale; al terzo punto si deve affrontare la questione della povertà energetica ed infine come ultimo punto la promozione di un’equa distribuzione dei costi associati alla transizione energetica. In Italia, il 26 giugno 2020 si è svolto un incontro tra Confindustria e Ministro dello Sviluppo riguardante il Green New Deal, al fine di trovare un accordo sugli indirizzi di politica industriale e sugli investimenti da mettere in campo al fine di rendere l’Italia protagonista della transizione energetica in Europa rispettando anche le norme della Direttiva Emission Trading. A Bruxells, infatti, si è deciso di stanziare un pacchetto di sussidi e incentivi con il fine di sfruttare le opportunità che l’idrogeno offre in quanto è una forma energetica prodotta senza combustibili fossili. L’Italia ha inserito nel piano nazionale di ripresa (Pnrr) lo sviluppo della tecnologia e dei sistemi a idrogeno e per sostenere i progetti green l’Italia utilizzerà il 37% del recovery fund – 200 miliardi di Euro. Nell’individuare come energia rinnovabile l’idrogeno, bisogna distinguere l’idrogeno “verde” e l’idrogeno “blu”. Il primo viene prodotto con la scissione dell’acqua tramite elettrolizzatori alimentati da rinnovabili con costi produttivi elevati. Il secondo viene prodotto dallo sfruttamento dei giacimenti di gas metano e riconvertendo i giacimenti esauriti per la cattura dell’anidride carbonica e le strutture esistenti, gasdotti e piattaforme offshore. I costi di produzione dell’idrogeno blu sono molto più contenuti rispetto al primo e in Italia, aziende come Eni e Snam, puntano a portare avanti i progetti per la sua produzione grazie ad una sinergia tra pubblico e privato.

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